IL BORGO MEDIOEVALE DI APRICALE (607 AB. / 291 MT. S.L.M.) È SITUATO NELL‘ENTROTERRA DI BORDIGHERA E VENTIMIGLIA, A 13 KM DAL LITORALE.

La sua felice posizione è all’origine del nome, che deriva da apricus, esposto al sole, ma la principale caratteristica del paese, che ha incantato nel tempo i suoi visitatori, è lo scenografico aspetto dell’abitato, una sinuosa cascata di antiche case di pietra allungate sulla dorsale di un erto pendio dominato dall’altura del Castello. Questa straordinario colpo d’occhio, unico nel pur ricco campionario dei “Villaggi di pietra” della Liguria intemelia (cioè abitata prima degli antichi Romani dalle tribù degli Intemelii), è stato celebrato da poeti e scrittori e dipinto da pittori di fama, che hanno contribuito a fare di Apricale un borgo particolarmente frequentato e amato dagli artisti.

Il paese conserva intatta la struttura urbanistica e l’atmosfera medievale, con il nucleo originario alto sul colle, dove sono ubicati il Castello, la chiesa parrocchiale e le case disposte a gironi concentrici, e due quartieri che dall’armoniosa piazza centrale si riversano sugli opposti versanti del colle, rispettivamente all’abrìgu e all’ubàgu, cioè a sud e a nord. Un dedalo di carugi, gli stretti vicoli che cingono l’altura e si frammentano su più livelli, collegati da ripidissime scalinate e passaggi coperti, forma il tessuto viario immutato da un millennio, su cui si affacciano alte case di pietra spesso unite fra loro da archi.

È il mondo di ieri impenetrabile e riservato, oggi finalmente aperto al visitatore che vi potrà trovare alloggio, ristoro e botteghe d’arte, tornate a rivivere con gran gioia dei turisti. Tutt’intorno, l’abbraccio di una campagna che dalle fasce, i terrazzamenti sostenuti da muretti a secco che nei secoli hanno strappato alla montagna preziosi fazzoletti pianeggianti di terra da coltivare, manda i riflessi argentei degli uliveti e il verde cupo delle altre colture fino alle masse più dense dei castagni e dei pini dei boschi sui rilievi più elevati. Tutt‘intorno, l‘abbraccio di una campagna che dalle fasce, i terrazzamenti sostenuti da muretti a secco che nei secoli hanno strappato alla montagna preziosi fazzoletti pianeggianti di terra da coltivare, manda i riflessi argentei degli uliveti e il verde cupo delle altre colture fino alle masse più dense dei castagni e dei pini dei boschi sui rilievi più elevati. L‘aspetto e le dimensioni attuali sono quelle di fine Cinquecento, con il nucleo centrale, quello più antico, del due-trecento. Il Borgo presenta uno schema urbanistico medievale di enorme interesse, sia per la sua ottima conservazione, sia per la sua struttura mista, formata dal settore centrale avvolgente o a gironi, attorno al Castello.

STORIA

Le origini di Apricale si perdono nella notte dei tempi come testimonia il ritrovamento di tumuli sepolcrali con riferimenti religiosi celtici risalenti al periodo mesolitico (5500 a.C.) rinvenuti in località ” Cian de u Re ” e poco lontano con le “Carsete d’Arnadun”.

La presenza di manufatti dall’età del bronzo sino all’epoca romana scoperti in tutta la zona stanno a significare come il territorio fosse molto frequentato probabilmente per il clima mite e per la presenza di cacciagione abbondante. Il nome sembrerebbe derivare dal latino “apricus” cioè esposto al sole. C’è da dire che, sempre pensando al latino, “apri callis” si potrebbe tradurre “sentiero di cinghiale” e la zona di Apricale è molto frequentata da questi animali. Comunque la prima citazione storica ritrovata su un documento del 1092 parla di Avrigallus. Lo storico Nino Lamboglia, fondatore dell’Istituto di Studi Liguri ha sostenuto che dal toponimo “Ento”, presente nel territorio come primo insediamento di una comunità religiosa con la chiesa (forse convento benedettino) di San Pietro in Ento, derivi il nome dei Liguri Intemeli fondatori di Albium Intemelium l’attuale Ventimiglia.

Il borgo che conserva ancora la sua struttura medioevale fu eretto a partire dal IX secolo intorno al Castello dei Conti di Ventimiglia e dal 1270 in poi appartenne ai Doria di Dolceacqua.

I suoi statuti comunali risalgono al 1267 come prima stesura e risultano fra i più antichi della Liguria, oggetto di studio per molti storici ed appassionati.
Essi proverebbero come i Conti di Ventimiglia e poi i Doria concedessero una certa autonomia comunale agli abitanti del borgo permettendo l’elezione di consoli e l’emanazione di leggi. I “capitula” in un misto di diritto romano e longobardo regolavano la vita quotidiana e dovevano essere osservati da tutti con differenze nelle pene tra gli abitanti e i forestieri. Si tratta di una conquista eccezionale per l’epoca ed Apricale è il primo paese della Liguria occidentale a raggiungerla.

Nei secoli successivi il borgo segue le vicissitudini del feudo di Dolceacqua negli alti e bassi e nelle lotte anche fratricide che la potente famiglia genovese dei Doria ebbe con i nemici di turno. Di particolare rilievo storico è la dominazione, durata solo qualche anno, dei Grimaldi di Monaco. Si era in un periodo di relativo benessere agli inizi del XVI secolo quando Bartolomeo Doria, figlio di Enrichetto, pensò di potersi impossessare del territorio monegasco uccidendo il proprio zio, fratello di sua madre, Luciano Grimaldi, signore del luogo. La partecipazione complice di Andrea Doria che, con la sua potente flotta, stava davanti al porto, dà all’avvenimento un’importanza notevole.

Ma, quando il 22 agosto 1523 Bartolomeo uccide lo zio a pugnalate, i genovesi non intervengono e l’assassinio non ottiene i risultati sperati anzi la vendetta di Agostino Grimaldi, fratello dell’ucciso e vescovo di Grasse è terribile. Egli invade tutto il territorio e cinge d’assedio Apricale e il suo castello dove si è rifugiato Bartolomeo per la sua posizione strategica quale ultimo baluardo difensivo. Le operazioni militari si protraggono e gli abitanti ne subiscono le conseguenze. Alla fine si trovano con il castello ed il borgo distrutti e con l’onere di rimediare con gabelle e diritti feudali nei confronti dei Grimaldi. L’abilità politica del grande ammiraglio genovese rimette però le cose a posto in poco tempo e i Doria ritornano sui loro territori con un personaggio come Stefano, cresciuto alla corte di Carlo V e compagno d’armi di Emanuele Filiberto che sposando Apollonia Grimaldi ristabilirà la pace tra le famiglie. E’ di questo periodo l’inizio dell’influenza sabauda sul Marchesato e la sua contrapposizione a Genova che con alterne vicende durerà sino alla Rivoluzione Francese.

Nonostante le guerre, le carestie, le invasioni, i morbi, le pestilenze che decimavano la popolazione, Apricale, forse anche per la sua posizione geografica, arriva con una popolazione abbastanza omogenea al periodo giacobino che, con l’obbligo del servizio militare che privava la terra di braccia giovanili nel duro lavoro dei campi e nella pastorizia, portò estrema povertà. A partire dagli anni ’60 inizia il tentativo di rilancio del paese dal punto di vista turistico anche per le difficoltà oggettive che l’agricoltura locale stava incontrando. Questi tentativi proseguono tuttora con alterni successi ma che hanno portato, ad onor del vero, in questi ultimi anni migliaia di visitatori attratti dalle manifestazioni artistiche di vario tipo che si susseguono durante tutto l’ anno ma soprattutto in estate.

Da vedere assolutamente c’è poi la chiesa di S. Maria degli Angeli all’inizio del paese che presenta affreschi che risalgono al XV sec. e che coprono le pareti e la volta, da studiare anche da un punto di vista iconografico e quella di S. Antonio Abate sul cimitero con abside che risale al XIII sec., con l’affresco absidale che rappresenta il Cristo nella “mandorla mistica” e gli evangelisti e con interessanti quadri probabilmente settecenteschi posti alle pareti laterali.

PRODOTTI

Apricale e l’Ulivo:tradizione millenaria. La campagna di Apricale è ricoperta da estesi uliveti di cultivar taggiasca, varietà quasi esclusiva della provincia di Imperia. Dalle sue olive si ottiene un eccellente olio extravergine. Di colore dorato, velato, di sapore fruttato dolce e corposo con retrogusto vellutato di mandorla e acidità massima inferiore allo 0,5% olio extra vergine d’oliva Pisano. La superficie interessata dalla produzione non supera i 300 ettari e per la qualità del prodotto Apricale fa parte dell’Associazione delle Città dell’olio.

La raccolta avviene nei mesi invernali, con l’antica tecnica dell’abbacchiatura si percuotono i rami con una lunga pertica di legno tenero, facendo cadere i frutti maturi su teli o reti preventivamente stese sulle fasce; raccolte e ripulite, dopo la mondatura le olive vengono misurate con il doppio decalitro, o quarta ( 12,5 kg ), quindi travasate in sacchi della capacità di 50 kg e avviate al frantoio. Nella grande vasca circolare degli impianti tradizionali vengono scaricate 20 quarte ( 250 kg ) di olive, che due doppie macine di pie­tra ruotanti riducono in pasta e sottopongono a pressione, facendo scaturire il cosiddetto mosto o olio di prima spremitura. Anche noi siamo lieti di presentare ai nostri ospiti, l’Olio extra vergine di oliva di nostra produzione. Dai bottegai troverete i prodotti tipici del territorio, dal vino all’olio di oliva, di qualità ineguagliabile.